Navigation

Inhaltsbereich

Sessione: 23.10.2012
A prescindere dagli orientamenti politici e dagli effetti, le naturalizzazioni sono un importante compito di politica statale che interessa e riguarda l'intera società. Il Cantone dei Grigioni è uno dei pochi Cantoni nei quali questa competenza spetta ai comuni patriziali, laddove questi esistono ancora. Se nei primi anni della Confederazione i comuni patriziali svolgevano compiti statali diversificati e fondamentali, oggi si occupano principalmente di amministrare i loro patrimoni e, quale compito di politica statale di gran lunga più importante, detengono la competenza per le naturalizzazioni. Un tempo, i comuni politici e quelli patriziali erano praticamente sovrapponibili; non si registravano grandi cambiamenti di abitanti. Oggi sono tuttavia i comuni politici a determinare quanto accade in un comune. Nella maggior parte dei casi, gli abitanti di un comune non sono più attinenti del comune in cui vivono.

Oggi i comuni patriziali non sono enti territoriali, bensì personali. In questo modo, in una procedura di naturalizzazione una grande fetta della popolazione viene esclusa dai suoi diritti popolari. Ciò che riguarda tutti, deve poter essere deciso da tutti. In fin dei conti, tutti devono sopportare le conseguenze e la responsabilità delle naturalizzazioni. Ciò include anche l'obbligo di motivazione preteso dal Tribunale federale.

Purtroppo, nei comuni politici nei quali esistono ancora comuni patriziali ciò non è il caso. Ad esempio, nella Città di Coira circa il 12 % degli abitanti aventi diritto di voto, ovvero chi fa parte sia del comune politico, sia di quello patriziale, decide chi può essere naturalizzato a Coira e chi invece no. Inversamente, questo diritto è precluso all'88 % degli aventi diritto di voto a Coira.

Si tratta di un insostenibile deficit di democrazia, di una privazione dei diritti democratici in una questione importante che riguarda tutti gli aventi diritto di voto.

Per i motivi sopra esposti, le firmatarie e i firmatari pregano il Governo di modificare in questo senso la legge sulla cittadinanza e la legge sui comuni e di attribuire ai comuni politici il diritto esclusivo di decidere in merito alle naturalizzazioni.

Coira, 23 ottobre 2012

Trepp, Meyer-Grass, Blumenthal, Augustin, Baselgia-Brunner, Bezzola (Samedan), Bucher-Brini, Caluori, Casutt, Clavadetscher, Fontana, Gartmann-Albin, Heiz, Jaag, Locher Benguerel, Müller (Davos Platz), Noi-Togni, Peyer, Pfenninger, Pult, Thöny, Zweifel-Disch, Camathias, Hensel, Monigatti, Patt (Jenaz), Scartazzini, Sgier

Risposta del Governo

Conformemente all'art. 38 cpv. 2 Cost., la Confederazione emana prescrizioni minime sulla naturalizzazione degli stranieri da parte dei Cantoni, che possono fare dipendere la concessione della cittadinanza dall'adempimento di ulteriori requisiti. Ciò ha lasciato per lungo tempo ai Cantoni libertà nell'organizzazione della procedura e nell'attribuzione delle competenze. Con le decisioni di principio DTF 129 I 217 e DTF 129 I 232, il Tribunale federale ha ristretto questo margine di manovra. La decisione di naturalizzazione andrebbe considerata quale atto di applicazione del diritto e non quale decisione politica. La revisione parziale della legge federale sull'acquisto e la perdita della cittadinanza svizzera (LCit, RS 141.10) entrata in vigore il 1° gennaio 2009 ha attuato la prassi del Tribunale federale. L'art. 15b cpv. 2 LCit sancisce l'obbligo di motivazione in caso di decisioni negative. Con questa riserva, le assemblee comunali potranno decidere in merito alle naturalizzazioni anche in futuro (art. 15a cpv. 1 LCit).

La legge cantonale sulla cittadinanza (LCCit, CSC 130.100) è stata sottoposta a revisione totale nel 2005 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2006. Le decisioni di rifiuto devono essere motivate ed esiste la possibilità di impugnare le decisioni mediante ricorso al Tribunale amministrativo (art. 25 LCCit). Sfruttando l'autonomia cantonale esistente, la LCCit prevede la competenza dei comuni patriziali per quanto riguarda la concessione dell'attinenza comunale. I compiti e le competenze sono disciplinati nell'art. 10 segg. LCCit. Questi comprendono tra l'altro gli accertamenti finora in parte svolti dalla polizia che permettono di chiarire se siano soddisfatti i presupposti materiali di naturalizzazione (art. 12 cpv. 3 e art. 13 cpv. 3 LCCit). All'assemblea comunale spetta poi la decisione vera e propria sul rilascio o la garanzia dell'attinenza comunale (art. 14 cpv. 1 LCCit). Infine, conformemente all'art. 11 cpv. 2 LCCit, i comuni patriziali sono autorizzati ad aumentare la durata del domicilio minima da quattro ad al massimo sei anni per cittadini svizzeri e ad al massimo dodici anni per cittadini stranieri. Se non esiste un comune patriziale, i suoi compiti saranno assunti dal comune politico (art. 78 cpv. 3 legge sui comuni; CSC 175.050).

Recentemente, il Tribunale federale (1D_6/2011) ha stabilito che, per via dell'obbligo di motivazione, l'autorità di naturalizzazione non è libera di negare la naturalizzazione a una persona che soddisfa tutti i presupposti legali di naturalizzazione a livello federale e cantonale e che quindi è integrata. La prassi di naturalizzazione può sì essere severa o generosa nei confronti dei richiedenti, ma nel limite del possibile deve garantire il pari trattamento giuridico. Secondo il Governo, quando il legislatore ha regolamentato le competenze per le decisioni di naturalizzazione, si è lasciato guidare da questi principi. E non è nemmeno opportuno intendere in futuro il singolo atto di naturalizzazione quasi esclusivamente sotto l'aspetto della partecipazione da parte del maggior numero di persone possibile o quale possibilità di esprimere opinioni politiche. Al centro vi è la garanzia di un'applicazione del diritto libera da arbitrio e nel rispetto della parità di trattamento. I rilevamenti e la decisione di naturalizzazione vengono affidati nel caso ideale a una "autorità" consapevole della responsabilità a ciò associata e che è in grado di adempiere ai compiti con la necessaria competenza specialistica e conoscenza della situazione locale. In questo contesto risulta ovvia l'associazione al comune patriziale. Le esperienze fatte negli ultimi sette anni mostrano che i rappresentanti dei comuni patriziali, così come del resto anche quelli dei comuni politici, affrontano la questione con grande motivazione. I rilevamenti vengono svolti con serietà e con l'aiuto dei moduli elaborati dall'Ufficio della migrazione e del diritto civile. Ciò offre garanzia per un'applicazione del diritto corretta, indipendentemente dal fatto se la decisione di naturalizzazione venga presa dall'assemblea comunale, dal municipio, dal comune patriziale o da una commissione ammessa per legge. Il Governo non vede nemmeno motivo di revocare ai comuni patriziali la competenza di decidere in merito alle domande di naturalizzazione. Per questi motivi il Governo chiede di respingere l'incarico.

16 gennaio 2013