Navigation

Inhaltsbereich

A Disentis/Mustér il progetto «connect» della CRS Grigioni fa incontrare le persone ospiti del centro di transito e la popolazione locale. Una visita in loco durante la vivace mattinata di gioco e l'altrettanto vivace chiacchierata davanti a un caffè.

Scacco matto! L'espressione mancava nel vocabolario di Ikramullah, così come non conosceva le regole degli scacchi. «Ora non più», si rallegra il giovane afghano, «anche se molte cose non le ho ancora ben capite», aggiunge ridendo. Poco importa, ciò che conta è il momento. Due allievi del liceo e del collegio del monastero di Disentis lo hanno appena iniziato ai segreti del «gioco dei re». Mossa dopo mossa. Anche i due manifestano silenziosamente la loro felicità. Ben più rumoroso è invece l'ambiente nella stanza accanto, dove si gioca a calcetto o a ping-pong. E ancora di più sul campo da calcio. Si sentono grida di esultanza, di tanto in tanto anche un urlo di frustrazione per un gol mancato. In questo caso le regole del gioco sono note a tutti. Sembrano fare parte delle conoscenze universali. Ma anche sul campo di calcio conta solo il momento. Un momento che non è scontato né per i liceali, né per i perlopiù giovani rifugiati.

Uscire dall'isolamento
«Purtroppo, in paese vi sono poche occasioni di reale contatto tra noi e la popolazione locale», spiega Ikramullah riguardo alla situazione a Disentis. «Quando però ci si incontra, di solito succede qualcosa di bello, proprio come adesso», dice il giovane con un sorriso radioso. Qui entra in gioco il progetto «con-nect» della Croce Rossa Svizzera (CRS) Grigioni. Oltre a offrire colloqui di consulenza del lavoro sociale nei centri di transito di Disentis/Mustér e Arosa/Litzirüti, desidera sottrarre i rifugiati alla loro quotidianità spesso contraddistinta da isolamento, monotonia e a tratti disorientante negli alloggi collettivi e farli incontrare con la popolazione locale. Con il coinvolgimento di volontari, gli assistenti sociali della CRS Grigioni avviano od organizzano le attività più disparate. Si va a passeggiare e a fare un picnic lungo il Reno, si partecipa alla festa del paese o si organizzano aperitivi per l'Avvento. Sempre nella consapevolezza che l'integrazione può riuscire davvero solo attraverso la partecipazione e la collaborazione. Ad esempio, la mattinata di giochi nel-la scuola del monastero è stata organizzata dai liceali, dopo il lavoro preliminare di «connect» e con l'ac-compagnamento degli insegnanti Pietro Jacomet, Rosemarie Kurath e del prorettore padre Paul Tobler.

Grazie al lavoro di interconnessione e di animazione di «connect» è praticamente rinato un impegno a favore di Aua Viva, il centro d'incontro del comune parrocchiale evangelico riformato di Disentis-Raveras. Già dieci anni fa, su iniziativa dell'allora pastore, in questo luogo venivano organizzate delle occasioni di incontro. «Purtroppo poi l'entusiasmo si è spento», racconta Marie Rose Deflorin-Van Eetvelde, emigrata dal Belgio nei Grigioni oltre 40 anni fa. «Ora, ogni terzo lunedì del mese, invitiamo nuovamente a un incontro davanti a un caffè, con giochi, chiacchiere e tanto divertimento.» Tutto in forma di volontariato, come sottolinea. «Molti sono pensionati e hanno bisogno di attività e di poter far due chiacchiere», afferma Deflorin indicando una delle motivazioni di chi la aiuta. «Già soltanto questo ci accomuna ai rifugiati».

Agire insieme
Jürg è una di queste persone. Non si perde quasi mai uno di questi incontri davanti a un caffè e partecipa volentieri anche ad altre attività organizzate dal team «connect». Ad esempio, quando si tratta di creare un orto comunitario presso il Center sursilvan d'agricultura. «Ho pianificato le aiuole e tagliato la legna, poi ci siamo messi all'opera tutti insieme. Ora ognuno si prende cura del proprio pezzetto di orto», si rallegra. È arrivato a Disentis solo a 72 anni. Prima aveva lavorato per brevi periodi in molte città del mondo. «So quanto sia importante avere una buona rete di contatti», assicura Jürg. Non riesce ad andare molto oltre con il suo racconto: i suoi vicini di tavolo vogliono parlare di altro.

Interviene Elvira. Anche lei è una delle partecipanti regolari del paese. Poco prima conversava qui, raccon-tava un aneddoto là: ormai conosce quasi tutti i rifugiati e sa come coinvolgere chiunque in un dialogo. Cosa desidererebbe ancora per il gruppo? «Di uscire una volta tutti insieme dalla valle per poter mostrare loro qualcosa di nuovo», dice. «Chissà, forse dopo aver letto queste righe si farà avanti un milionario che ci finanzierà una grande gita.» Scherza. Eppure, lo pensa davvero. Shafiqulla dall'Afghanistan annuisce: «Molti di noi sarebbero lieti di conoscere meglio la vita e le particolarità dei Grigioni, ma siamo bloccati qui.» I biglietti per i trasporti pubblici vengono messi a disposizione solo in relazione alla frequenza di corsi di tedesco, biglietti propri non se li possono permettere. «Durante le vacanze lunghe ci sentiamo relegati fra quattro mura». In questo modo sottolinea ancora di più l'importanza di questa piccola «isola lontana dalla quoti-dianità nel centro di transito». Oppure, come dice Genet, originaria dell'Etiopia: «Oggi sono semplicemente felice.»

 

 


Testo: Philipp Grünenfelder