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Cosa succede quando all'inizio del percorso di integrazione corpo e mente non collaborano? È qui che entra in gioco il nuovo servizio per l'individuazione medica precoce nel Cantone dei Grigioni. Katarina Maksimović individua tempestivamente gli ostacoli alla salute, mette in rete e apre nuove prospettive. Come nel caso di Laila Alami.

La storia di Laila Alami inizia in Afghanistan. La madre di cinque figli lavora come addetta alle pulizie in una scuola, nonostante dopo la presa del potere dei talebani ciò sia stato vietato alle donne. «Avevamo bisogno di soldi e mio marito non aveva un lavoro». Viene scoperta, subisce maltrattamenti fisici, fratture alla colonna vertebrale, ad una gamba, al naso e perde conoscenza. Passano mesi pieni di paura nella clandestinità e senza luce del giorno. «I talebani non potevano sapere che ero sopravvissuta». Solo grazie al sostegno della sua famiglia riesce a superare questo periodo. Ma quando anche il suo primogenito subisce minacce, l'unica possibilità che rimane è la fuga dal Paese. Porta allora la famiglia in Svizzera. Oggi Alami vive a Coira. «Qui è come essere in paradiso» afferma visibilmente commossa.


Il lungo cammino verso la stabilità
La strada verso la felicità è però lunga e segnata da battute d'arresto. Dopo le prime tappe nella Svizzera romanda, Alami trascorre due anni nel centro di prima accoglienza di Meiersboden, per molti mesi senza prospettive chiare. Le conseguenze fisiche dei maltrattamenti sono enormi: Alami è paraplegica e non può fare a meno della sedia a rotelle. «Ero allo stremo», ricorda. «Ma poi è arrivata Katarina. Mi ha ascoltata e ha capito ciò che era necessario». Katarina Maksimović è responsabile per l'individuazione medica precoce presso il Servizio specializzato per l'integrazione dei Grigioni. Il suo impiego è stato creato nel 2023 nel quadro di un programma nazionale e in stretta collaborazione con i Cantoni di Sciaffusa e Turgovia. Il suo lavoro è rivolto alle persone nel settore dell'asilo che a causa di difficoltà di salute non possono seguire un percorso d'integrazione classico.
«Chi è responsabile dell'integrazione deve imparare a cogliere i segnali con maggiore tempestività», spiega Maksimović. Non sempre uno sguardo basta per riconoscere una compromissione. Spesso ci si rende conto troppo tardi che una persona non è in grado di completare un corso di lingua non a causa di mancanza di volontà o intelligenza, ma per problemi di salute sconosciuti, come dolori cronici o traumi.


Tra fiducia e triage
Il lavoro di Maksimović inizia con colloqui e analisi della situazione, comprende accertamenti medici e la pianificazione di misure di integrazione adeguate – e va ben oltre le questioni tecniche: «Ci vogliono anche sensibilità ed empatia. Molte delle persone che seguo convivono con paura, vergogna o sfiducia, soprattutto nei confronti di uffici o autorità.» Costruire la fiducia è essenziale in questo lavoro. «Spesso spiego che io in primis vengo dal settore delle cure, che ho lavorato per molti anni in psichiatria e più tardi in un ospedale di medicina acuta.» Il messaggio è: sono qui per sostenere, non per controllare. L'individuazione precoce tiene conto anche di aspetti che raramente si trovano negli atti: sollecitazioni psichiche, influenze culturali e la storia di vita individuale. I servizi e le persone con cui collabora Maksimović sono molteplici: vanno dal personale medico ai servizi sociali, fino al mondo della formazione.


Quando il percorso standard non è idoneo
Oltre ad Alami, Katarina Maksimović assiste più di 20 persone che affrontano sfide mediche complesse. Ad esempio un uomo ipovedente per il quale un corso di lingua consueto non è adatto. Oppure una giovane persona queer che a causa della visione sull'omosessualità nel suo Paese d'origine soffre di un disturbo post traumatico da stress. Problematiche individuali simili si ripercuotono su tutti gli sforzi d'integrazione e per molte persone il percorso classico, cioè imparare la lingua, trovare un lavoro o una formazione non è né fattibile, né porta alla meta. «L'integrazione non segue un processo standard e in questi casi necessita di un approccio particolarmente accurato.»


Percorsi alternativi che portano al progresso
Anche nel caso di Alami è stato subito chiaro: sono necessari percorsi alternativi e tappe intermedie. Non sa leggere né scrivere, cosa che ha reso ancora più difficile l'apprendimento della lingua. Corsi di alfabetizzazione accessibili? Merce rara. Perciò all'inizio l'attenzione era incentrata sulla stabilizzazione della sua salute e sulla creazione di una quotidianità (il più possibile) autodeterminata. Solo una volta poste queste basi è stato possibile concentrarsi sull'orientamento professionale. Oggi Alami vive in un appartamento accessibile con la sedia a rotelle, lavora quattro mezze giornate alla settimana in una struttura protetta, segue delle routine strutturate, ha contatti sociali e guarda con decisione al prossimo traguardo: il corso di alfabetizzazione adatto a lei che il Servizio specializzato le ha trovato. «Non vedo l'ora», dice con gli occhi che brillano.


La collaborazione come fattore di successo
Affinché persone come Alami non vengano dimenticate, Maksimović lavora a stretto contatto con i job coach e con il settore della promozione linguistica del Servizio specializzato per l'integrazione, organismi sensibilizzati che la mettono in contatto tempestivamente con le persone potenzialmente interessate. Anche altre figure professionali attive nel settore dell'asilo si rivolgono a Maksimović quando riscontrano problemi di salute nelle persone assistite. In aggiunta, Maksimović mette a disposizione consultori per la salute presso i centri di transito di Litzirüti e Coira. In questo modo ha la possibilità di individuare tempestivamente le persone con gravi problemi di salute alleggerendo allo stesso tempo i collaboratori e le collaboratrici nelle questioni di salute quotidiane. Saša Milanković, responsabile del centro di Coira, ricorda: «In passato, in caso di febbre o dolori potevamo distribuire medicamenti; oggi c'è bisogno di personale medico specializzato. Katarina colma perfettamente questa lacuna.» La collaborazione, anche telefonica, è semplice e basata sulla fiducia. «E al centro le persone sanno: c'è qualcuno disposto ad ascoltarle». Da allora le visite dal medico e al pronto soccorso sono fortemente diminuite, perché oltre alla valutazione iniziale, alla consulenza e al triage, Maksimović trasmette anche le conoscenze: come funziona il sistema sanitario svizzero? Quando devo andare dal medico di famiglia? Quando in ospedale? «Si tratta di autoefficacia», dice Maksimović. Chi capisce come qualcosa funziona ha meno paura e può contribuire più attivamente.


L'integrazione ripensata
Non appena una persona è (di nuovo) pronta per una formazione, per lo sviluppo per la creazione di prospettive professionali o per l'apprendimento della lingua, Maksimović si affida a job coach o a specialisti e specialiste competenti nel settore della promozione linguistica. «Ci teniamo costantemente aggiornati, così che il momento sia quello giusto.» Tutto ciò avviene ai sensi dell'Agenda Integrazione Svizzera: la Confederazione ha fissato obiettivi ambiziosi, ad esempio che il 50 per cento delle persone rifugiate riconosciute riesca ad accedere al mercato del lavoro primario entro sette anni. «Ciò, naturalmente, è possibile solo se teniamo conto anche di chi non segue un percorso lineare», dice Maksimović. «Per me l'integrazione è più dell'apprendimento della lingua e dell'attività lavorativa: significa partecipazione, autostima e prospettiva.» Per questo sono necessarie soluzioni su misura, un sistema aperto e, a volte, un costante lavoro di persuasione. La storia di Alami lo dimostra in modo esemplare. «Molti mi chiedono: come hai fatto a fare tutto questo, e per di più su una sedia a rotelle?» Alami sorride. La sua risposta: «Grazie all'aiuto di Dio e con la pazienza della signora Maksimović».

 

 

Testo: Philipp Grünenfelder